Introduzione
Per spiegare perché è diventato fotografo Joseph Rodriguez ha detto: "Da bambino mi dicevano sempre di stare zitto, di capire quando era il caso di parlare. Pensavo che non avrei mai potuto far sentire la mia voce. Ora la fotografia è la mia voce” (Light: 142).
Anche per molte altre persone questo è il motivo per diventare fotografi: la fotografia è la nostro voce, il nostro modo di capire il mondo, di comunicare con esso e la fotografia documentaria (o documentaristica) risulta quindi essere un forma evidente di questa pratica.
Questo saggio discute un personale progetto fotografico documentaristico realizzato in Tibet, esplorando più in generale la questione: cosa è la Fotografia Documentaristica?
In tal modo vengono discussi un certo numero di temi interconnessi:
· La fotografia documentaristica è una specializzazione a sè
· Qual è il rapporto tra il documentare e il cambiamento sociale
· Qual è il rapporto etico e pratico tra il fotografo e il fotografato
· Quanto è importante l'estetica nella produzione di un lavoro documentaristico
· Qual è il rapporto tra la fotografia documentaria e l'arte
La mia pratica fotografica recente si è basata su ciò che può essere definito un approccio 'flaneur': vagare in luoghi visivamente interessanti, producendo singole fotografie di incontri casuali, guidato dalla qualità estetica piuttosto che dal contenuto, pensando al significato più tardi.
Con parte di questo materiale ho anche prodotto una breve monografia (Purcell 2005).
Il progetto sul Tibet aveva diverse motivazioni. L'intenzione era produrre una narrazione visiva coerente che esplorasse gli effetti della globalizzazione, del turismo di massa e dell'occupazione cinese sulla cultura del Tibet.
Inoltre volevo produrre materiale per una mostra, sollevando la questione del Tibet e dei rifugiati tibetani, analizzando la comprensione dei processi sociali e culturali in gioco, collaudando così anche la mia personale pratica fotografica.
Tutti obiettivi che rendevano difficile il lavoro che richiedeva indagini approfondite. In Tibet la popolazione cinese è comprensibilmente indifferente agli occidentali. Nelle città la popolazione tibetana è molto cauta, sapendo che le relazione con gli stranieri sono sotto attento controllo delle autorità cinesi.
Nel mese che ho trascorso in Tibet, non sono stato in grado di riallacciare quei rapporti interpersonali che mi avrebbero permesso di esplorare la cultura tibetana ad un livello più profondo.
Sono stato attento a non produrre semplice propaganda sia attraverso la costruzione delle immagini che con la compilazione delle didascalie.
Jacobson ha sottolineato l’importanza del testo per documentare: "Dovrebbe essere assolutamente chiaro a tutti che le belle immagi non sono sufficienti. È necessario il testo, servono titoli, ottime didascalie, introduzioni chiare, un buon testo per amplificare ed espandere il senso di quello che le foto stanno proponendo, inserendole in un contesto e dando loro significato" (Light: 181).
Le fotografie sono interpretate semioticamente in modi diversi dallo spettatore, a seconda di come vengono proposte, possono influenzare significativamente la lettura della fotografia.
Queste immagini tibetane possono, ad esempio, essere lette come documenti dell'oppressione e dell'imperialismo culturale oppure come prove del successo della modernizzazione e dello sviluppo del paese.
Per questo in una recente mostra di questi lavori le didascalie erano limitate a identificare il luogo dello scatto.
Nel libro (Purcell 2006) le didascalie sono le stesse con un breve testo che fornisce un contesto per le immagini.
Vi è un’ulteriore difficoltà nel cercare di andare oltre la produzione di immagini stereotipate. Le persone ritratte nelle fotografie sono cinesi, tibetani e turisti occidentali. Questo cosa dovrebbe significare, cosa possiamo dire delle fotografie di gruppi etnici?
I tibetani giocano a biliardo, lo hanno imparato dai cinesi che lo hanno appreso dagli Stati Uniti. Giocare a biliardo, per alcuni individui, può sostituire la pratica buddista.
Questo è un bene o un male e in base a quali termini esprimiamo questo giudizio?
Anche se le fotografie ci possono mostrare che luoghi specifici del Tibet somigliano a qualcosa di simile a questo, le fotografie ci dicono altro che non confermi ciò che già pensavamo?
Sontang (1977) si spinge ulteriormente avanti su questo punto e usando l'analogia della caverna di Platone suggerisce che la fotografia può costituire soltanto un’“ombra” della realtà.
La discussione che segue sulle fotografie è basata sul tentativo di vederle attraverso la lente della teoria sociale, attingendo idee intorno alla pratica della vita quotidiana (De Certeau 1998), le rappresentazioni dello spazio e lo spazio della rappresentazione (Lefebvre, 1991), lo spettacolo (Dubord 1992, 1998) ed i flussi delle persone, dei capitali, della cultura, ecc (Castells 1977).
Accanto a questa analisi del contenuto c’è la costruzione estetica della fotografia che la fa funzionare come un'immagine. Come possiamo vedere nei contributi della letteratura (vedi seconda parte del saggio), la tensione creativa tra il contenuto e l'estetica è il nucleo di una fotografia di successo (Friday 2002), ma è difficile da raggiungere.
In questa parte del lavoro, a volte, sono stato più preoccupato del contenuto (che racconta la storia) rispetto alla forza delle immagini come opere d'arte. Riflettendoci credo che se avessi adottato il mio solito metodo fotografico forse avrei prodotto fotografie più “forti”, ma un prodotto documentario più debole.
Ciò probabilmente riflette il livello delle mie capacità, sono sicuro infatti che Walker Evans sarebbe riuscito con successo a soddisfare al meglio entrambe le esigenze. |