Cultor College



Colore ed emozione,
analisi psicofisica del lavoro di Vincent van Gogh

di Karen G. Bekker & Alex Y. Bekker


Uno studio di Karen G. Bekker professore di Psicologia al Dominican College di New York e Alex Y.Bekker, professore di anestesiologia e neurochirurgia al New York University Medical Center, sul Colore e l'Emozione nei quadri di Vincent Van Gogh

A un certo punto della sua vita Vincent Van Gogh si è descritto come un "Musicista del colore" (Gayford, 2006, p.181). L'esperienza incrociata di una sensazione in un altro sistema sensoriale caratterizza sia un campo della psicofisica sia il concetto stesso di sinestesia (Harrison & Baron-Cohen, 1996). L'associazione che musica, mista al colore, si possano percepire insieme può essere applicata anche all'espressione delle proprie emozioni.
All'inizio Van Gogh ha imparato a ritrarre il suo ambiente visuale in modo accurato e naturale. Era, tuttavia, profondamente colpito e, in definitiva, dominato dall'intensità della sua esperienza emotiva interiore. A un certo punto, le sue tele hanno cominciato a riflettere questa intensità interiore. Dopo circa dieci anni della sua carriera, c'è stato un cambiamento nel suo uso dei colori, con particolare riguardo alla loro dimensione materica che arrivò quasi alla violenza. Ci sono stati anche altri segnali, ma il presente lavoro si concentrerà principalmente sulla dimensione di questa intensità. Ad esempio, l'energia e la consistenza della sua produzione creativa sono state eccezionali: arrivò a dipingere settanta tele in settanta giorni. Il suo impulso creativo è stato così veemente che molti dei suoi quadri non erano del tutto completi, lasciando macchie vuote sulla tela, per la fretta di iniziarne un altro. Il nostro intento, quindi, è quello di dimostrare che l'intensità dei colori usati da Van Gogh può essere un segnale evidente delle sue problematiche mentali.

Secondo un approccio psico-fisico (Stevens, 1971), tutti i sistemi sensoriali mostrano simili gradienti esponenziali di intensità percepita. Allo stesso modo, Sullivan (1973) ha applicato questo principio all'ansia e ha dimostrato che le emozioni seguono un gradiente simile di intensità psicofisica. Utilizzando misure quantitative (stima di grandezza), i risultati hanno dimostrato che stimoli uditivi possono essere incrociati con l'ansia e possono essere usati per stimare l'entità dell'ansia che l'individuo sta vivendo.
I dati hanno dimostrato che l'ansia segue la stessa potente funzione già riscontrata in altri sistemi sensoriali. In questo modo si possono dedurre sensazioni incrociate.


Tradizionalmente i legami tra il lavoro degli artisti e il loro stato mentale sono stati esaminati in termini di contenuti (Trachtman, 2009). Gli esperti d'arte hanno esaminato il contenuto del lavoro dell'artista più che la sua forma, cercando un collegamento al suo stato mentale. Un esempio si può vedere negli esami della pittura di Caravaggio con una possibile diagnosi di schizofrenia paranoide (Mather,2007). Noi suggeriamo che la forma (che può essere obiettiva e quantificabile) possa essere una misura altrettanto interpretativa.
Guardare alla forma piuttosto che ai contenuti, dovrebbe fornire una prospettiva molto differente attraverso la quale possiamo cercare le prove che dimostrino l'esistenza di una corrispondenza tra l'intensità emotiva e l'intensità della sua rappresentazione visiva.



Ci sono stati alcuni studi che hanno preso in esame dipinti di pazienti psichiatrici, correlando il colore, l'intensità, la qualità delle linee e lo spazio coperto (Hacking, et.al, 1996) con le relative problematiche psichiatriche. Hacking ha suggerito che la valutazione di contenuto quali immagini bizzarre, sconnessioni, colori inappropriati o disordinati, reiterazioni e scelta dei soggetti richiedono un'interpretazione soggettiva da parte dell'esaminatore, e quindi sono limitati nell'oggettività. Se invece una forma può essere quantificata e correlata con un disordine mentale, allora può esere stabilito un nesso potenzialmente quantificabile tra il funzionamento mentale e la produzione creativa.

Sarebbe allora possibile correlare i continui cambiamenti graduali del funzionamento mentale e le loro relazioni alle malattie mentali, esaminando i marcatori chiave delle forme. Di fatto, D'Andrade e Egan (1974) hanno riscontrato che vi erano differenze nelle diagnosi psichiatriche basate su un esame delle linee e dei colori.

Secondo la teoria dei colori di base (Lefton, 2008), il colore ha tre dimensioni fisiche (lunghezza d'onda, l'intensità e purezza) che corrispondono a 3 elementi psicologici: tonalità, luminosità e saturazione. Il lavoro di Van Gogh ha mostrato un cambiamento distintivo in tutte queste caratteristiche psicologiche.

Parte del suo interesse per il colore e la luminosità è di carattere tecnico e si focalizza sulla forma, ma il cambiamento dinamico nel suo uso del colore, soprattutto per quanto riguarda l'intensità, riflette un cambiamento nella sua esperienza emotiva. Pensiamo quindi che l'aumento della sua energia emotiva si rifletta nelle sue immagini visive con un aumento parallelo di intensità esponenziale. Nell'ultima parte della vita il suo lavoro è stato dominato dalla forza della sua esperienza psicologica e meno dalla precisione della sua esperienza sensoriale.

Van Gogh, nel corso di 10 anni, ha prodotto un corpo notevole di lavori, oltre 700 pezzi. Ha anche ripetuto le stesse immagini più e più volte, in modo tale di consentire l'esame longitudinale del cambiamento dei colori nel corso del tempo.

Vincent van Gogh, Tournesols,
(Girasoli), 1888,
Van Gogh Museum, Amsterdam
Vincent van Gogh, Sunflowers,
(Girasoli), 1888,
National Gallery, Londra
Vincent van Gogh,Tournesols,
(Girasoli), 1888,
Neue Pinakothek, Monaco

Un esempio del cambiamento, contemporaneo, del suo uso dei colori e del significativo deterioramento del suo stato mentale si vede nel Seminatore. Vincent venne provondamente colpito dalla pittura di Millet e durante i suoi primi anni ne fece molte riproduzioni. Il suo lavoro iniziale tendeva a una riproduzione meticolosa e fedele dell'originale, sia in forma che stile (Metzger, e Walther, 1996).

J.-F.Millet, Il seminatore, 1850, olio su tela, 101x82,5cm. Boston, Museum of Fine Arts

Vincent Van Gogh, Il seminatore, inchiostro e matita, 1882.

Un disegno del seminatore, ad inchiostro e matita, fatto nel 1882 a L'Aia, è un esempio del suo tentativo di permeare le sue figure con una energia che viene poi convogliata attraverso il colore. Durante questo primo periodo, tendeva ad aderire realisticamente a quello che vedeva in natura, ma in seguito ha iniziato ad utilizzare "il colore in base al suo impatto visivo ... piuttosto che alla sua fedeltà alla natura". (Walther & Metzger, 1996, 58).



Emotivamente, anche se depresso e devastato da una serie di fallimenti, sia nel lavoro che in amore, Van Gogh tende a mantenere un sobrio contenimento dei suoi sentimenti. Questo può essere un riflesso del fatto che ha appena iniziato a dedicarsi all'arte dopo il fallimento della sua potenziale carriera presso il ministero e dopo un ulteriore insuccesso come mercante d'arte.

Nei 3 anni successivi (circa dal 1882 fino al 1885) Van Gogh fu ossessivamente interessato all'adattamento del colore al suo lavoro. Le sue lettere attestano un'attenzione meticolosa in termini di sfumature, toni, luminosità e tonalità. Nel corso del tempo, cominciò a usare i colori complementari perché "accrescono i loro effetti reciproci più intensamente" (Metzger & Walther, 1996, p. 58).
Infine diresse i suoi maggiori sforzi per cercare di ottenere sempre di più profondità e stabilità nei suoi dipinti attraverso l'uso di base di colori, tinte contrastanti, intensità e saturazione. Il seguente estratto da una delle sue lettere mostra il ruolo sempre più importante del colore nel suo lavoro: "Queste cose che sono rilevanti per i colori complementari, per il contrasto simultaneo e la mutua svalutazione dei colori complementari, sono il primo e più importante problema: il secondo è l'influenza reciproca di due colori simili, come carminio e vermiglio, o rosa-lilla e blu-lilla ...." (Van Gogh Lettera # 428, datato ottobre 1885. (Suh, 2006).

Durante un breve soggiorno a Parigi nel 1886, Van Gogh ha iniziato a scoprire le potenzialità più intense del colore, e il suo lavoro si è allontanato sempre di più dalle origini olandesi, spingendosi verso tinte brillanti e toni di colori impressionisti. Secondo Gayford (2006), rimase affascinato dalla possibilità del colore come "linguaggio simbolico". Per lui è stata una forma istintiva di comunicazione, anche se a quel tempo tale linguaggio simbolico, che avrebbe potuto permettergli di esprimere i suoi sentimenti, non esisteva. Ad un certo punto Van Gogh arrivò ad incolpare il suo bere eccessivo e il fumo per la "stanchezza mentale di elaborare complesse armonie di note e colori" (Gayford, 2006, p.191). Allo stesso modo, la forma più comune di sinestesia sembra essere l'"audizione colorata", suoni (come musica o voci) che vengono vissuti come colori (Carpenter, 2001). Per il sinesteta, questa è una forma di sovrastimolazione sensoriale e il risultato è un esaurimento fisico provocato da questa esperienza.

Nel giugno del 1888, mentre vive ad Arles, Van Gogh usa il colore come linguaggio e i suoi simboli diventano ancora più forti. Giudica il "seminatore di Millet" come grigio ed incolore, e si chiede se sia possibile "dipingere il Seminatore a colori, con un contrasto simultaneo di giallo e viola ..."

Consulta l'analisi colorimetrica di questo quadro

Van Gogh in effetti ha molti dubbi sulla possibilità di farlo: "si imposta il lavoro e si finisce per precipitare in una .... metafisica del colore, un pasticcio da cui è difficile uscire con qualsiasi credito" (Van Gogh Lettera # 503, giugno 1888). Per questo è spinto ad affettuare prove ripetute.



Allo stesso tempo, mentre la sua tavolozza di colori sta esplodendo, l'intensità della sua vita psicologica ed emotiva diventa sempre più difficile da tenere sotto controllo. Quando Van Gogh realizza il suo primo "Seminatore" a colori, è ottimisticamente in attesa dell'arrivo di Gauguin per iniziare la loro collaborazione artistica. Van Gogh continua a lavorare sul Seminatore a colori, nel giugno dello stesso anno è: "Gloriosamente pieno di speranza - espressa dal giallo e viola" (Gayford, 2006, p.183). Ma durante le nove settimane che Gauguin trascorse ad Arles, il rapporto tra i due e la condizione mentale di Van Gogh registrarono notevoli cambiamenti.
Gauguin ha descritto il loro incontro nella casa gialla di Arles:
"Due esseri, lui e io, uno veramente un vulcano e l'altro, bollente pure, ma dentro. Una sorta di lotta doveva accadere ... prima di tutto, sono stato colpito dal fatto di trovare disordine ovunque e in ogni aspetto. La cassetta dei colori a malapena sufficiente a contenerli tutti, tubi spremuti, che non sono mai stati chiusi, e nonostante tutta questa confusione, tutto questo pasticcio, tutto splendeva sulla tela ... .. con tutti questi gialli sui viola, tutto questo lavoro sui colori complementari, il lavoro disordinato da parte sua, solo lui era arrivato ad armonie monotone, sommesse e incomplete, mancava solo il suono della tromba". (Gauguin, Ott, 1903, Lettera al Mercure de France, da Stein, 1986, p.124).

Gauguin stesso può essere stato la "tromba". Nel novembre del 1888, il rapporto tra i due era diventato intollerabile. Van Gogh era deteriorato mentalmente mentre Gauguin era sempre più frustrato ed impaziente. A dicembre Van Gogh minacciò Gauguin con un rasoio, poi si automutilò il lobo dell'orecchio. Dopo quell'incidente, Gauguin lasciò Arles e i due non si rividero mai più.

Forse prevedendo ciò che era imminente, nel novembre del 1888 Van Gogh produsse una seconda tela del Seminatore che ha mostrato un uso ancora più drammatico del colore.

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In questa immagine, un sole enorme domina "molto basso nel cielo giallo-verde - proprio come l'aveva descritto Vincent --- con alcune striature di nuvole di rosa ... " (Gayford, 2006, p.186).
Gayford prosegue poi descrivendo questo secondo quadro malinconico. In entrambi i casi, il colore e l'umore che Van Gogh provava in prima persona domina il pittura.

Nel 1889, Van Gogh scrive del lavoro di Millet, ancora una volta vedendo il colore come una forma di linguaggio: "lavorare sui disegni di Millet è più simile al fatto di tradurli in un'altra lingua, piuttosto che copiarli". E' passato un anno dal completamento del secondo "seminatore" (Metzger & Walther, 1996, p. 272). I colori che ha usato diventano la lingua della sua esperienza e l'adesione agli stimoli fisici del suo ambiente divenne subordinati a questa riflessione dei propri sentimenti interiori.

Un secondo esempio del progressivo cambiamento della tavolozza dei suoi colori è stato segnato da un crescente interesse per la luminosità sottile e la variazione dell'intensità della luce. Durante i primi anni del suo lavoro, in particolare nel 1885 quando realizza il grande capolavoro "I mangiatori di patate", si concentra su cambiamenti di luce e buio più che sulla tonalità. Egli crea il tono e l'umore, modificando la luminosità e la saturazione delle tonalità più scure.

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"L'effetto generale della bellezza del colore in natura può essere perso dolorosamente nell'imitazione letterale; può invece essere mantenuto ricreando una gamma di colori parallela ... .. tanto, tutto, dipende dal mio sentimento per l'infinita varietà di toni della stessa famiglia .... " Van Gogh Lettera n. 429, ottobre 1885, (Suh, 2006, p.155).



Quando si trasferisce da Nuenen ad Anversa (1885), (Metzger e Walther 1996, pag.62) il suo lavoro diventa sempre più violento ed aggressivo, soprattutto nei contrasti di colore e tono, con l'impulsiva, violenta applicazione della vernice direttamente dal tubetto. Questo domina la tela e sostituisce i motivi della natura che erano stati la caratteristica della sue prime opere. Il cambiamento mostra che Van Gogh ora doveva riconciliare la sua privata percezione soggettiva del mondo con la realtà fenomenologica oggettiva.

Dal 1885 fino alla sua morte, nel 1890, le sue lettere documentano i dettagli ossessivi con cui descrive i colori delle sue tele. Ogni descrizione spiega la tonalità, l'intensità e la saturazione della sua tavolozza. Il simbolismo dei suoi colori si riflette in una lettera al fratello Theo, in cui descrive "Il caffè di notte":

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"Ho cercato di esprimere le passioni terribili dell'umanità con rosso e verde. La sala è rosso sangue e giallo opaco, con un tavolo da biliardo verde in mezzo, ci sono quattro lampade giallo limone che esprimono un bagliore arancione e verde. Ovunque c'è una lotta e lo scontro tra verdi molto diversi e i rossi nella picccola figura del buono a nulla che dorme, nella stanza triste e vuota viola e blu. Il rosso sangue e il giallo-verde del tavolo da biliardo, per esempio, contrastano con il delicato verde Luigi XV del bancone con il suo mazzo di fiori rosa... E in mezzo a questo fornace, l'abito bianco del padrone di casa, che osserva da un angolo, diventa giallo chiaro, verde luminoso....
Nella mia immagine del caffè di notte, ho cercato di trasmettere il senso che il caffè è un luogo dove si va alla rovina, si diventa pazzi, si commettono crimini. Ho cercato di esprimere i poteri delle tenebre, in un certo senso, in questa immersione in un caffè, attravero i contrasti di delicati rosa, rosso sangue, vino rosso, verde morbido, Luigi XV e verde veronese, in contrasto con verdi, blu e gialli violenti, tutto questo in mezzo a una fornace infernale di pallido zolfo ... ".
(Lettera n. 533, Suh, p.224)

Il disordine e il caos che si riflettono nelle sue lettere è un segnale della forte pressione emotiva che stava vivendo. Questa intensità, come l'esperienza descritta dalla sinestesi, traduce l'esperienza da una modalità in un'altra. La contraddizione nella scelta dei colori, e i contrasti che questi colori generavano sono lo specchio dell'angoscia e della confusione della sua vita:  "Mentre sto scrivendo questa lettera, mi sono alzato per dare alcune pennellate a una tela su cui sto lavorando, quella con i pini stagliati contro un rosso, arancio e giallo - ieri era molto freddo, i toni puri e luminosi - bene non so cosa sia capitato nella mia testa, ma mentre stavo scrivendo guardavo la tela e mi sono detto che non andava bene. Così ho preso un colore sulla tavolozza, un bianco sporco ottenuto mescolando bianco, verde e un po' di carminio e ho sparso questo tono di verde in tutto il cielo, ad una distanza che fa davvero ammorbidire i toni smorzandoli; eppure sembrerebbe che qualcuno abbia rovinato la tela, sporcandola. Non è proprio questo che la sventura e la malattia fanno a noi e alla nostra salute, e non siamo forse meglio così, con il fato che ordina il destino, che la serena e buona salute illuminata delle nostre idee vaghe e dai desideri di possibile felicità? Non posso dirlo ... " (Lettera # W16, Suh, p. 281).

Nel 1888, gli episodi di rabbia e ansia incontrollata che vive il pittore erano così forti e continui da debilitarlo fisicamente. In termini psico-fisici aveva raggiunto il livello superiore della "tolleranza". La sua percezione delle interazioni e delle situazioni erano spesso inesatte (come descritto nelle sue lettere e nei racconti di chi lo frequentava); le sue risposte erano estreme e lui avrebbe continuato su questa strada in un'escalation fino a raggiungere un livello intollerabile di intensità di ansia e rabbia. E anche il carattere, il colore e la forma delle sue tele stavano rapidamente cambiando.



Se l'esperienza estremamente intensa della sua ansia avesse potuto essere quantificata, allora il risultato sarebbe stato un grafico di intensità esponenziale. Tradotto in comportamento osservabile tutto questo porta l'individuo ad un notevole livello difficoltà di comprensione degli stimoli e dei cambiamenti del suo ambiente circostante.
"È del tutto evidente che gli individui si differenziano per il tipo e numero degli stimoli che evocano l'ansia" (Sullivan, 1973). Queste percezioni sbagliate servono a creare un'intensità ancora maggiore di emozioni. La rapida escalation dell'intensità delle risposte e anche l'errata interpretazione delle situazioni e delle persone sono state forti costanti in tutta la vita di Van Gogh. Ci sono stati numerosi esempi di errata percezione delle situazioni e di una rapida escalation delle sue emozioni, a partire dalle sue prime esperienze a Londra come mercante d'arte e il suo amore immaginato con la figlia della padrona di casa. Van Gogh aveva frainteso i suoi sentimenti (lei era impegnata a sposare un altro) come divenne tipico nei suoi modelli di risposta successivi; l'escalation d'intensità rapidamente divenne sempre più intollerabile, non solo per lui, ma per coloro che lo circondavano.

Questo modello di lettura errata di una situazione è stato ribadito con sua cugina rimasta vedova. Dopo averla seguita ossessivamente e essere diventato sempre più conflittuale, arrivò a tenere la mano sopra una candela per convincerla dell'intensità di quello che sentiva.
Purtroppo, non abbiamo la possibilità di misure quantitative che confrontino il suo lavoro con il suo stato emotivo e le percezioni del suo ambiente, ma un riesame del suo lavoro e delle sue lettere fornisce dati che suggericono come in entrambi i casi, la vita e il lavoro, ci fu un modello di lettura errata, spunti ed emozioni crescenti, ma nessuno più intenso, imprevedibile ed estremo che nelle sue interazioni con Gauguin. Il risultato fu che Van Gogh era costantemente in un stato estremamente elevato di ansia e rabbia nella maggior parte della sua vita. La situazione è aggravata dal fatto che era diventato fisicamente più debole. Mentre le sue difficoltà emotive e fisiche incalzavano, forse a causa di possibili disturbi (costipazione, colpo di sole, un tumore avanzato, depressione, la dipendenza dall'assenzio, epilessia o psicosi), ha dovuto cambiare il suo lavoro. Sebbene sembra aver semplificato gli elementi delle sue forme (come l'esecuzione del corvo nero con due sole pennellate), si intensifica il suo uso del colore. La ferita autoinflitta allo stomaco con un'arma da fuoco è stato l'atto aggressivo definitivo che, in ultima analisi, riflette un sovraccarico intollerabile interno delle intense stimolazioni che stava vivendo. Il suo uso del colore, quindi, può essere stato il simbolo più importante dell'inesorabile intensità della sua esperienza.

C'è anche chi ha suggerito che la prevalenza del giallo e l'intensità dei colori scelti da Van Gogh possano essere stati indotti dal suo uso eccessivo di assenzio e dal successivo trattamento con digitale. Secondo Wolff (2001), dosi eccessive di un farmaco come il digitale possono indurre un individuo a vedere il mondo con una tinta giallo-verde.
Anche se l'assenzio e il trattamento con digitale possono essere stati un fattore d'influenza nel corso della sua carriera, è però improbabile che l'intensità del suo uso del giallo sia imputabile a una motivazione organica. Il suo lavoro, infatti, è tutt'altro che monocromatico, e tende invece a sottolineare l'uso armonioso di tutti colori complementari.

Nel 1882, all'inizio della sua carriera, Van Gogh scrisse (Lettera # 225, Suh, 2006, pag.55): "C'è un certo qual senso del colore che sta emergendo in me, che non avevo mai avuto prima, qualcosa che è grande e potente".

Nei 7 anni successivi, Van Gogh si concentra sempre più su questo senso del colore, che diventa la lingua delle sue emozioni. Infine, nel giugno 1890, proprio prima della sua morte scrisse: "Mi piacerebbe dipingere ritratti che, un secolo più tardi alle persone che li guarderanno, sembrassero apparizioni. Quindi non cerco di raggiungere questo obiettivo con immagini che sembrino fotografie, ma attraverso l'espressione delle emozioni, utilizzando la nostra attuale conoscenza e il gusto per il colore come mezzo di espressione ..." (Lettera # W22, Suh, p.298).

In conclusione, la nostra analisi suggerisce che in tutta la sua vita, l'uso di Van Gogh del colore, con particolare riguardo all'intensità, rifletta la sua instabilità mentale e il suo deterioramento progressivo. Crediamo che l'analisi dei dipinti di Van Gogh, come pure la sua stessa scrittura, supportino l'applicazione dei principi della psicofisica e l'esperienza della sinestesia, e offrano un'altra spiegazione del rapporto di percezione dei colori e delle emozioni.

Tale esame del rapporto tra la vita di un artista il suo stato mentale è una dimensione importante dello studio sia nella psicologia che nell'arte. Infatti, un approccio evolutivo alla creatività sottolinea l'influenza dinamica di forze esterne e interne per la creazione di un cambiamento. Si presuppone che lo sviluppo di un individuo sia fluido e possa cambiare nel tempo, diventando via via più complesso. Inoltre, i comportamenti di un individuo sono i risultati delle interazioni tra intense variabili interne ed esterne che in ultima analisi, sono forze di adattamento, per nuove soluzioni creative. Chiaramente questa interazione intensa e il risultato sicuramente creativo si possono attribuire all'opera di Vincent Van Gogh.



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Gli autori:

Alex Bekker, M.D., Ph.D. è docente di Neurochirurgia, alla New York University of Medicine, e di Ingegneria Biomedica, all'Istituto di Tecnologia del New Jersey. E' vicepresidente per la ricerca presso il Dipartimento di Anestesiologia. Dopo aver conseguito il dottorato in Ingegneria al New Jersey Institute of Technology, si è laureato in medicina all'Università del New Jersey.
E' attivo nel campo della ricerca scientifica e creativa da molti anni con più di di 50 pubblicazioni recensite, 6 brevetti negli Stati Uniti, e più di 80 saggi. Il suo lavoro è concentrato sul recupero cognitivo dopo gli interventi chirurgici, la protezione del cervello, il controllo del dolore postoperatorio e la farmacologia clinica relativa. Fa parte del comitato editoriale del Journal of Neurochirurgia e Anestesiologia e collabora col New England Journal of Medicine.
Il Dr. Bekker è co-direttore del corso del CME “Neuroanesthesia for the Occasional Neuroanesthesiologist” che si tiene a New York. Inoltre ha partecipato a diversi gruppi e congressi di ricerca scientifica.
Il Dr. Bekker da sempre ha coltivato un profondo interesse per l'arte, studiando i rapporti psiicofisici tra arte e mente. Il suo lavoro in corso su Van Gogh fa parte della lunga ricerca del rapporto tra psicologia e le arti.


Karen Bekker, M.A., Ph.D., dopo essersi laureata in psicologia al Connecticut College e alla New York University ha conseguito la specializzazione alla prestigiosa Columbia University. Lavora da oltre trent'anni, nello stato di New York, nel campo della psicologia clinica. La sua specializzazione riguarda lo studio e la cura delle disabilità infantili e i speciali servizi educativi fino all'adolescenza.
Ha partecipato alla fondazione di "A Starting Place, Inc.", un innovativo servizio di primo intervento e di pre scuola terapeutica. La Dr. Bekker ha lavorato nella ricerca presso la Rockefeller University, nelle unità neonatali sia presso l'Harlem Hospital che al Rose Kennedy Center dell'Albert Einstein College of Medicine. Relativamente alla sua specializzazione ha pubblicato diversi articoli presentando il suo lavoro in diverse simposi e congressi negli Stati Uniti e all'estero.
Attualmente fa parte del corpo accademico della facoltà di psicologia al Dominican College e al Bergen Community College. I suoi ultimi lavori integrano le conoscenze e la pratica clinica tra psicofisica sensoria e ansia, con il suo interesse per l'arte.