Piero della Francesca
il pittore che ha fuso la geometria con l'arte religiosa
di Marilyn Aronberg Lavin, Smithsonian.
Mezzo millennio dopo la sua morte, le opere di Piero della Francesca continuano ad emozionare e affascinare turisti e studiosi |
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Flagellazione di Cristo, Piero della Francesca (1440-1470), tempera su tavola, cm. 58,4x81,5, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino.
Ogni volta che si è trasferito in una nuova casa, l'artista Americano Philip Guston ha sempre provveduto ad appendere due cartoline sul muro della sua cucina. Entrambe erano riproduzioni di dipinti su tavola di
Piero della Francesca: Il Battesimo di Cristo e la Flagellazione di Cristo.
"Lui è così lontano dagli altri maestri"... ha scritto Guston in Art News, nel 1965. "Un fervore diverso, grave e delicato, si muove nella luce dei suoi quadri. Senza le nostre passioni familiari, egli è come un visitatore della terra. . .. "
Guston non era il solo ad ammirare Piero della Francesca, la gente infatti cita più spesso il nome di Piero, come preferito rispetto a qualsiasi altro artista del XV secolo. Ex studenti universitari, con un’esperienza che non va oltre un corso di studio della storia dell'arte, sorridono con piacere alla sola menzione del suo nome.
I viaggiatori in Italia, dai grandi accademici ai turisti ordinari, descrivono con orgoglio il loro "pellegrinaggio da Piero", prendendosi la briga di rintracciare i pochi lavori rimasti in Toscana, Umbria e nelle Marche.
Il nostro occhio “modernista” addestrato dal Bauhaus, sfidato dai Postimpressionisti e dai Cubisti, bombardato dagli Espressionisti astratti, scosso dal postmodernismo e dalla decostruzione, assorbe facilmente il senso rilassante della serietà di Piero.
Vediamo le sue figure semplici e altezzose, in qualche modo, come migliori rispetto al normale, i suoi spazi aperti e i colori, lavati dalla luce, per quanto possibile risultano perfetti.
I suoi soggetti chiari e leggibili sono tipici dell’esperienza umana, ma profondamente commoventi e stranamente portentosi. I suoi quadri sono come atti di carità e di più: contribuiscono al bene generale, inoltre sono davvero piacevoli.
Non è una considerazione di carattere personale
Una ragione per cui Piero rimane intrigante per noi è che si conosce così poco della sua vita. Nelle centinaia di pagine dei suoi scritti non vi è una sola considerazione di carattere personale.
Sappiamo che è nato nella città di Sansepolcro (circa 70 km a sud est di Firenze) e che suo padre era un farmacista, ma non c'è traccia della sua nascita. Dal momento che doveva essere quasi ottantenne quando morì nel 1492, si deduce che probabilmente nacque intorno al 1415.
Aveva due fratelli che, insieme al padre, spesso hanno operato come suoi agenti.
Verso il 1430, iniziò a studiare pittura con un Maestro provinciale, Antonio d'Anghiari, assorbendo tutto quello che poteva dalla tradizione artistica di Assisi, Siena e Firenze.
Nel 1439, a Firenze, lavorò con Domenico Veneziano, che stava esplorando la costruzione prospettica, la solidità della forma e scintillanti effetti coloristici. Ma a differenza di molti suoi contemporanei, come Veneziano, Beato Angelico, Paolo Uccello e Andrea Castagno, Piero non rimase a Firenze.
Anche se ha viaggiato a Rimini, Arezzo, Urbino e altrove per soddisfare commissioni, tornava sempre a Sansepolcro. Durante la sua vita, ha ricoperto vari uffici pubblici ed è stato un leader nella Confraternita di San Bartolomeo, la più importante organizzazione religiosa laica della sua città natale.
Gli avventori di Piero non sono mai stati nè i Medici nè altri ricchi mercanti fiorentini. Al contrario, erano monasteri, confraternite ed i cittadini del suo territorio, oltre ad alcuni dei signori delle corti delle province vicine.
In questo periodo dipinse il ciclo La leggenda della Vera Croce, dieci monumentali affreschi sulle pareti della chiesa di San Francesco ad Arezzo, dove il committente era una famiglia di banchieri benestanti, mentre ai frati francescani che gestivano la chiesa era demandata ogni decisione finale.
Dopo una vita lunga e sedentaria, Piero fece testamento nel 1487 e, dal momento che non si era mai sposato, lasciò gran parte delle sue proprietà ai fratelli e ai loro eredi.
Diede istruzioni per la propria sepoltura, che doveva avvenire nella tomba di famiglia nella torre dell’Abbazia camaldolese (poi cattedrale) di Sansepolcro.
Cinque anni dopo, morì.
Può sorprendere se per secoli, dopo la sua morte, Piero è stato ricordato più come matematico che come pittore. Nel suo tempo, la pittura era ancora considerata un mestiere perché fatta con le mani. Piero, però, aveva studiato latino, i classici e, in particolare, l'opera di Euclide.
Dal XVI al XIX secolo, la sua fama si è basata quasi esclusivamente sui suoi tre trattati teorici: Il Trattato del abaco, di aritmetica, il Libellus de quinque corporibus regularibus, sulla geometria solida, e la De prospectiva pingendi, sulla teoria della prospettiva per l'uso in pittura.
Quando questi testi sono stati finalmente pubblicati in tempi moderni, gli storici della scienza hanno confermato la loro importanza. Piero è ora classificato tra i più grandi matematici del suo tempo, alla pari con Toscanelli, proprio loro potrebbero aver reso possibile il viaggio di Colombo.
Il suo trattato sulla prospettiva, dopo essere passato al suo collega Fra Luca Pacioli, a Leonardo da Vinci e poi ad Albrecht Durer, ha guidato la rappresentazione di tre dimensioni su una superficie bidimensionale, fino al tempo dell'impressionismo.
Comunque non è stato fino al tardo XIX secolo che Piero ha iniziato ad essere considerato come uno dei maggiori artisti del Rinascimento italiano.
E’ stato identificato, infatti, con l'arte moderna, in particolare con Cezanne, che visivamente sembrava essere la sua anima gemella. Lo stile di Piero, si diceva, aveva previsto i valori dell’arte postimpressionista.
Infatti, molti elementi stilistici sembrano avvicinare questi due artisti: la soppressione delle emozioni, l'enfasi sulla forme geometriche, e la costante preoccupazione per la planarità del piano pittorico.
Eppure, per uno strano ed ironico scherzo, l’ascesa alla ribalta di Piero non è venuta dalle avanguardie, ma proprio dal cuore dell'accademia.
Nell’Europa del XIX secolo, la rottura degli Impressionisti con le tradizioni, basandosi sul loro apparente rifiuto della rigida struttura formale nello spazio pittorico, sembrava una seria minaccia al dominio dell'arte accademica.
E’ stata proprio la paura di perdere il potere che poi ha portato, abbastanza direttamente, alla riscoperta di Piero come artista e la sua proposizione all’attenzione del mondo.
Ecco cosa è accaduto: l'accademia di Parigi, l'Ecole des Beaux-Arts, stava lottando contro l’influenza dei pittori emergenti, come Courbet e Manet, che si allontanavano dalle convenzioni accademiche per uscire e dipingere ciò che vedevano nella natura. Un metodo per combattere quello che era considerato lassismo nella struttura
della pittura è stato introdotto nel 1872 da Charles Blanc, il direttore neoeletto della Scuola.
Disse che era tempo, per i giovani artisti, di essere formati più accuratamente di quanto non fosse stato fatto negli ultimi decenni.
Per garantire un ritorno ai valori tradizionali, reintrodusse la copia come un metodo di insegnamento, non solo da calchi classici e sculture del Rinascimento, ma anche dalle copie di famosi dipinti storici.
Così, nella sua lotta contro le avanguardie, Blanc commissionò 157 repliche di antichi maestri italiani, che dovevano essere utilizzate come strumenti di studio e come parte di un programma denominato “Musée des Copies”.
Tra questi, dipinti di Botticelli, Raffaello e Tiziano, una replica ridotta di tutto il Giudizio Universale di Michelangelo, e, sorprendentemente, copie in scala reale di due ordini di cicli di affreschi di Piero ad Arezzo, una visualizzazione del Il ritrovamento della Croce e La battaglia di Eraclio, tutte realizzate da un pittore poco noto di nome Charles Loyeux.
Blanc, invece, incorse nei guai in casa: l'idea di un museo delle copie suscitò l’evidente disappunto da parte dei membri del comitato della Scuola, così fu licenziato in una tempesta di polemiche. Nel dicembre 1873,
quando era in carica un nuovo direttore, la parte del museo delle copie già predisposta venne smantellata.
Quando le copie di Piero fatte da Loyeux arrivarono a Parigi l'anno successivo, furono accolte molto male dal comitato. I dipinti non vennero distrutti solo perché erano abbastanza costosi (e Loyeux era diventato un eroe pubblico ad Arezzo). Così, vennero installati, insieme a una serie di altre repliche, in alto sui muri della cappella della scuola, dove sono ancora visibili, con qualche difficoltà, dietro i calchi in gesso e sopra varie istallazioni temporanee.
Nonostante queste polemiche interne, sia Blanc che il bibliotecario della scuola, Eugenio Muntz, continuarono a scrivere eloquentemente sulle prime scuole italiane e su Piero in particolare. Muntz aveva fotografie e disegni di altre opere di Piero, provenienti dall'Italia, che servivano da ulteriori modelli.
Mentre queste copie possono avere adempiuto bene al loro scopo, hanno anche avuto un impatto non intenzionale. Agli occhi di un certo numero di giovani generazioni, in particolare Cézanne e Seurat, hanno innescato una nuova rivoluzione, piuttosto che reprimere i pericoli dell'arte antiaccademica.
Fornire un ponte verso l'arte moderna
Anche se visse ad Aix-en-Provence, Cézanne partecipò alla prima mostra impressionista a Parigi nel 1874, facendo avanti ed indietro per tutto l'anno e per il successivo.
E' possibile, quindi, che abbia visto le copie di Loyeux non appena arrivate. Chiaramente devono averlo impressionato parecchio, perché, qualche anno più tardi, Cézanne ripetè quasi esattamente un motivo da uno degli affreschi: nella sua visione di Gardanne ha dato al paesaggio urbano la stessa composizione verticale di solidi geometrici che compongono la veduta di Arezzo realizzata da Piero nello sfondo del ritrovamento della Croce.
Il ponte verso l'arte moderna che si trova qui è insolitamente forte, poiché questa composizione di Cézanne ha ispirato i primi veri paesaggi cubisti di Braque, Picasso e Derain nel 1908-09.
Un altro anello nella catena da Piero, attraverso l’accademia, verso il modernismo è stato forgiato dal giovane Seurat. In qualità di studente presso l'Ecole des Beaux-Arts (entrò nel 1878), ha avuto accesso sia alle repliche di Piero che alle fotografie raccolte da Muntz.
Chiaramente, le deve aver studiate molto da vicino, in quanto molti dei motivi di Piero riappaiono in alcuni dei più noti dipinti di Seurat.
Per esempio, il ragazzo seduto a sinistra nel Bagnanti ad Asnieres ricorda la guardia seduta all'estrema sinistra nella Resurrezione di Cristo e la struttura compositiva di La Parade è vicina a quella del Ritrovamento delle tre croci.
Così, anzichè essere il risultato di una ribellione, molti passi che hanno portato alla realizzazione dell'arte astratta sono stati stimolati da esempi offerti proprio tra le mura dell'accademia.
Dopo l’iniziale valutazione come talento mediocre (lo storico d'arte Jacob Burckhardt aveva definito la sua opera "naive"), entro l'inizio del XX secolo Piero era saldamente identificato con le tendenze formaliste allora in voga e il suo status artistico tra i critici ha iniziato la sua ascesa.
Aldous Huxley chiamò i suoi quadri "strani e sorprendentemente riusciti. . . esperimenti di composizione".
Roberto Longhi, che nel 1927 ha scritto la prima monografia sull'artista, ha elogiato i suoi intervalli spaziali, la sua poetica organizzazione tonale e la mancanza di emozione.
Rudolf Wittkower in collaborazione con B.A.R. Carter, un professore di prospettiva, ha analizzato il Battesimo per mostrare l’indivisibilità dell'arte di Piero dalla scienza. I due autori hanno scoperto che il quadro è stato organizzato secondo principi geometrici ricchi di significati simbolici.
Il posizionamento degli elementi principali del dipinto, tra cui la colomba che si libra in volo e le mani di Cristo e il suo piede destro, suggeriscono che è stato progettato sulla base della Proposizione 16 di Euclide, una formula per la costruzione di una figura di 15 lati sovrapponendo un pentagono su un triangolo equilatero. Il triangolo può anche rappresentare la Trinità, il pentagono le cinque ferite di Cristo. Ciascuna delle 15 corde (le linee che congiungono i segmenti dell’arco del cerchio), abbraccia 24 gradi. La lunghezza effettiva di una corda e i suoi multipli determinano le proporzioni degli elementi del dipinto.
Per esempio, l'altezza del Cristo è tre volte la lunghezza di una corda.
Inoltre, il numero "24" ha un significato speciale, che rappresenta il numero di gradi per cui il sole si trova
a nord dell'equatore nel solstizio d'estate e a sud dell'equatore nel solstizio d'inverno.
Secondo la chiesa medievale, il battesimo di Cristo ha avuto luogo in quello che allora si pensava fosse il solstizio d'inverno, e quindi all'inizio del nuovo anno e al momento della Discesa della Santa Luce.
Piero così ha trovato un modo matematico per identificare Cristo con il sole, quindi con l'illuminazione divina.
Avvicinandosi sempre di più al linguaggio del modernismo, nel 1929 il pittore-critico André Lhote ha definito Piero "primo Cubista" segnando così il suo destino.
Divenne l’alter ego contemporaneo del pittore storico, convalidando la nozione di arte per l'arte, offrendo agli spettatori secolari "la pittura da chiesa" svincolata dal sentimento religioso.
Negli anni ‘20 e '30 questo punto di vista venne fatto proprio principalmente da scrittori colti e conoscitori come Huxley, Roger Fry e Adrian Stokes.
Dopo la seconda guerra mondiale, e in particolare dopo il 1951 quando Kenneth Clark ha pubblicato la prima grande monografia su Piero in lingua inglese, l’apprezzamento per l'artista si è ampiamente diffuso nelle aule.
Ancora maggiore familiarità con le sue opere è arrivata dopo una campagna di restauro degli affreschi di Arezzo che venne effettuata nei primi anni '60, rendendo disponibili nuove stampe a colori.
Nel decennio successivo, la predisposizione a vedere lo stile di Piero in termini astratti ha catturato l'interesse dei teorici della New Wave letteraria, che ha trovato irresistibile la sua simmetria visiva. Il suo lavoro, poi divenne il centro di ripetute analisi degli strutturalisti e, ancora oggi, è oggetto di studi approfonditi.
L'aspetto teorico dell'arte di Piero che manca in questo approccio è il rapporto, nei suoi dipinti, tra forma astratta e contenuto religioso. Un numero crescente di studi recenti mostra che la struttura della maggior parte dei suoi quadri è coordinata da schemi geometrici che riflettono da vicino le sue teorie matematiche confermando un livello di valore astratto. Ma al tempo in cui viveva Piero, non vi era ancora nulla di simile all’"arte astratta".
Infatti, non c'era nessun tipo di arte che non fosse commissionata da un mecenate che la pagava. E nell’Italia del XV secolo, queste commissioni, sia private che istituzionali, erano per i soggetti religiosi, che servivano per specifiche funzioni religiose.
Uno sguardo a due dei migliori dipinti conosciuti di Piero, Il Battesimo di Cristo e la Flagellazione di Cristo, aiutano a spiegare come ha usato la geometria per risaltare temi religiosi.
A prima vista, Il Battesimo di Cristo sembra essere un paesaggio senza pretese. Un’osservazione più attenta, tuttavia, rivela un’inquietante senso di presagio che, in larga misura, nasce da una complessa combinazione di geometrie.
Ulteriori analisi suggeriscono che la maggior parte delle misure del dipinto sono basate su una delle proposizioni di Euclide. In questo quadro matematico Piero ha usato la geometria per identificare Cristo con il sole, piazzandolo nel centro dell'universo, cioè ha usato la matematica per rafforzare il concetto di Cristo come luce divina.
Nella La Flagellazione di Cristo, forse la sua opera più ammirata, tre figure stanno all'aperto in primo piano, mentre Cristo e i suoi tormentatori, alla sinistra, sono all'interno di un portico profondo nello spazio.
All'esterno, il sistema di prospettiva a un solo punto continua ad un eccezionale profondità: si può calcolare che il punto di fuga sia a circa 76 metri di distanza.
All'interno di questa impostazione, Piero ha intersecato piani geometrici per creare due diverse fonti di luce naturale, una cosa impossibile nel mondo reale. La luce all'esterno degli edifici cade dall'alto a sinistra, proiettando ombre sul breve destro della figure in primo piano.
All'interno del portico, è vero il contrario: la luce proviene da destra, creando forte evidenza sul lato destro di tutte le figure e illuminando misteriosamente il soffitto a cassettoni sopra la testa di Cristo.
Includendo queste anomalie visive, Piero ha fissato la scena della flagellazione fuori dal tempo e dal luogo: lo spazio interno diventa un santuario divino e l’evento biblico che vi si svolge diventa quindi una miracolosa apparizione (Philip Guston l’ha definito "un disturbo ...collocato nella parte posteriore, come occultato nella memoria ").
Nella Flagellazione, come nel Battesimo, Piero ha adempiuto il suo compito religioso con una struttura astratta.
Seguendo le leggi della geometria solida, ha creato un regno lontano, in cui una manifestazione mistica del trionfo di Cristo sulla sofferenza fisica sembra consolare i tre gentiluomini che conversano in primo piano.
E’ importante tenere presente che l'austera bellezza dei dipinti di Piero non sarebbe stata compresa dai suoi contemporanei solo per motivi estetici.
Per lo spettatore del XV secolo, le sue forme idealizzate e spazi puri erano inseparabili dai soggetti rappresentati. In altre parole, le qualità che rendono le sue opere interessanti per la sensibilità odierna hanno contribuito al loro significato e valore anche nel loro tempo.
500 anni dopo la sua morte, lo studio dell'arte di Piero della Francesca continua. Per commemorare il suo
quinto centenario, è stato realizzato un progetto dalla Princeton University per creare uno strumento completamente nuovo per l'insegnamento dell'arte e della ricerca storica.
E’ stato studiato un programma che consente di visualizzare al computer La leggenda della Vera Croce sulle pareti della chiesa di San Francesco. Le immagini digitalizzate dei dipinti sono mappate nelle loro posizioni in una rappresentazione grafica di uno spazio tridimensionale.
Utilizzando il mouse lo spettatore può simulare l'esperienza di camminare o addirittura galleggiare attraverso la chiesa, guardando i dipinti a colori, da qualsiasi angolo e nel loro contesto spaziale.
Questo programma è servito come modello per l'uso con altre opere d'arte (pittura, scultura e architettura), per l'insegnamento, la scrittura e la ricerca della storia dell'arte.
E’ particolarmente opportuno che questo nuovo metodo, che infine sostituirà diapositive e fotografia stampate per lo studio d'arte, sia stato sviluppato usando dipinti di Piero della Francesca, il cui lavoro nel campo della scienza è radicato in profondità nella storia della tecnologia stessa.
Anche se nulla può sostituire la vista delle opere dal vero, le nuove frontiere dell’informatica possono stimolare una nuova generazione di estimatori di Piero.