Decodificare lo spazio pittorico di Giotto - 1
Uno studio di Estetica che utilizza le nuove tecnologie
di John H. Brown
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In questo studio il professor Brown utilizza le nuove tecnologie per studiare le immagini di Giotto nella cappella degli Scrovegni (Arena) a Padova. La novità di questa ricerca è stata quella di correggere visivamente alcune delle anomalie riscontate nelle prospettive e nella composizione pittorica, per verificare il differente impatto estetico tra l'immagine originale (tecnicamente errata) e quella corretta.
Attraverso questa manipolazione digitale si possono evidenziare le caratteristiche dello stile di Giotto nell'uso dello spazio pittorico. Confrontando visivamente le due versioni, inoltre, possiamo verificare come cambino e quali siano le differenze d'impatto visuale.
Il dipinto ne esce rafforzato o degradato? Le irregolarità tecniche tolgono qualcosa all'originale oppure no? Queste eventuali perdite o guadagni, dal punto di vista della risultanza visiva, possono così essere espresse e valutate in termini di proprietà estetiche.
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L'Autore: John H. Brown
Professore emerito del Dipartimento di Filosofia dell'Università del Maryland.
Nota. Questo documento è una versione aggiornata di una presentazione della conferenza sulla (ri)scoperta dell'Estetica tenuta al Cork University College.
Il sito del Dipartimento di Filosofia estetica dell'Università del Maryland
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Le discussioni, tradizionalmente profonde, sugli affreschi di Giotto sono piene di osservazioni e giudizi di estetica.
Quelle di John White (1), Alastair Smartz (2) e James Stubblebine (3) servono come esempi. Eppure un lettore esteticamente impegnato, le cui facoltà critiche siano state affinate dal dibattito filosofico, non può fare a meno di notare omissioni, errori e discutibili inferenze.
Ecco alcuni esempi di ciò che intendo.
Lo spazio pittorico di Giotto, pur innegabilmente più naturalistico rispetto a quello dei pittori precedenti, è pieno di incongruenze:
1. ortogonali e diagonali non seguono uno schema di proiezioni coerente;
2. gli oggetti diminuiscono eccentricamente rispetto alla distanza;
3. abbondano le incongruenze architettoniche;
4. proiezioni prospettiche e parallele sono mescolate.
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Nella Cacciata di Gioacchino dal Tempio (fig.1), il recinto del tempio è presentato essenzialmente in proiezione parallela (cliccare sull'immagine per vedere, nella Fig. 2, le diagonali in nero sul diagramma), mentre le altre diagonali convergono, ma su orizzonti ed elevazioni differenti; il pulpito inoltre è di gran lunga troppo piccolo rispetto alla distanza.
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Fig.1. La Cacciata di Gioacchino dal Tempio, clicca sull'immagine per vedere lo schema delle proiezioni.
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La Presentazione di Maria al Tempio, parimenti, mostra che l'architettura della torre sfida la razionalità, l'angolo vicino infatti appare privo di un sostegno visibile e anche la prospettiva non risulta corretta (Vedi Fig.4).
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Fig. 3. Giotto, La Presentazione della Vergine al Tempio. Clicca sull'immagine per vedere il diagramma delle proiezioni (fig. 4).
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Il mio intento di richiamare l'attenzione su queste anomalie non è pignoleria fuori luogo, piuttosto si fonda sulla ricerca estetica. Prima di tutto meraviglia il fatto che tali caratteristiche non compromettano l'effetto estetico, globalmente positivo, di queste opere. In secondo luogo, mi chiedo come mai sia stata dimostrata poca curiosità da parte degli studiosi sul reale effetto estetico di queste incongruenze. Su questo tema, per quanto ho potuto trovare, non vi è assolutamente (vorrei sottolineare assolutamente) alcuna discussione nella pur vasta letteratura su Giotto. Eppure risolvere tali quesiti è chiaramente fondamentale per una comprensione profonda dello stile pittorico dell'artista. (4).
Forse uno dei motivi per questo disinteresse è che fino a poco tempo fa è stato difficile valutare l'effetto di elementi isolati. Si poteva solo cercare di immaginarli fuori dal loro contesto o confrontare le foto con immagini di altri soggetti diversi in aspetti rilevanti.
L'immaginazione è al tempo stesso fragile e capricciosa, finora i dipinti con anomalie strutturali non erano mai stati confrontati con versioni "corrette". Fortunatamente i recenti progressi nella tecnologia digitale rendono possibile la creazione di riproduzioni perfette delle opere con le caratteristiche selettivamente alterate.
Per esempio, le diagonali nella "Cacciata" (Fig.1) possono essere calcolate (Fig.2) e il risultato paragonato a quello dell'originale. Allo stesso modo si possono modificare le altre caratteristiche anomale di questo e altri lavori della Cappella e quindi valutare meglio gli originali.
Su questa base si possano considerare i vantaggi e gli svantaggi artistici della commistione dei sistemi di proiezione, delle distanze modificate in modo irregolare e di tutte le altre discrepanze o ambiguità spaziali. Operando con i nuovi dati, ci si ritrova quasi nella posizione dell'artista che deve affrontare problemi pratici - che sono ovviamente dei problemi estetici - cioè come gestire lo spazio pittorico rispettando i vari vincoli della commissione e dello spazio. Nel creare queste trasformazioni, si entra nel progetto dell'artista, ottenendo così una conoscenza più intima delle problematiche affrontate, dello stile e del metodo della sua opera d'arte.
Questi argomenti sono particolarmente adatti a un rinnovato interesse per l'estetica nella storia dell'arte. In qualsiasi opera troviamo un intreccio esteticamente ricco e specifico dei problemi concernenti la percezione. Siamo così in grado di formare specifiche domande estetiche e di cercarne le risposte.
La massa di nuovi dati generati dalle trasformazioni serve ad affinare l'arbitro ultimo delle questioni estetiche, vale a dire l'occhio che ne risulta così più informato ed allenato, come spero di dimostrare attraverso gli esempi che seguono, che si trovano tutti nelle opere della Cappella degli Scrovegni a Padova.
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1. Irregolarità nelle proiezioni nel contesto architettonico.
I diagrammi individuano le irregolarità di proiezione, ma non permettono di apprezzare l'effetto estetico che producono. L'informatica ci consente di vedere quello che l'artista ha fatto in origine, di modificarlo secondo le regole della prospettiva e della proporzione, valutando così l'effetto estetico delle due versioni.
I risultati preliminari sono in qualche modo sorprendenti.
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Fig.5. Trasformazione dell'immagine 1 (l'originale) regolarizzando la prospettiva, conservando inalterato il punto di vista e la dimensione delle figure in primo piano. Vedi il confronto tra le due immagini.
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La versione modificata della Cacciata di Gioacchino nella prima trasformazione (fig.5) sembra placare lo spazio iperattivo di Giotto (iperattivo in quanto presenta vari cambi di punti di vista). Ma anche la struttura architettonica regolarizzata è ancora lungi dall'essere realistica, dal momento che il pulpito è inspiegabilmente ridotto nelle dimensioni rispetto alla recinzione in primo piano e alle figure umane.
Visualizzando la trasformazione siamo in una posizione migliore per apprezzare il cambiamento di effetto estetico ed affrontare la questione di quale sia il valore artistico delle invenzioni di Giotto. Confrontando le due versioni ci si può chiedere che sensazioni ci hanno suscitato le modifiche "regolarizzate"?
Il senso artistico dell'originale è cambiato? Cambia qualcosa nella nostra valutazione dell'opera di Giotto?
La perdita o il guadagno, parlando di estetica, devono essere espressi in termini di caratteristiche estetiche. Per esempio si potrebbe sostenere che le proiezioni alterate facilitino una composizione visiva più coerente. Si consideri, per esempio, l'inclinazione felicemente equilibrata della base e del pulpito divergenti nell'originale (fig.1). La simmetria è praticamente persa quando il pulpito è quasi livellato (fig.5). Nell'originale l'inclinazione verso l'alto del pulpito allarga anche lo spazio in cui sono inserite le figure di Gioacchino e del sacerdote censore. Certo, una versione corretta della prospettiva può mantenere l'inclinazione, come nella successiva trasformazione (fig.6) mostrata qui sotto. E' meglio? Ma questa versione produce un impatto più aggressivo della profondità di tutta la struttura, un fenomeno che non incontra il favore degli intenditori di Giotto, come ad esempio, John White (5).
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Fig.6. Trasformazione dell'immagine 1 (l'originale) eliminando l'inclinazione verso l'alto del pulpito, avvicinando il punto di vista e ampliando in proporzione le figure in primo piano. Vedi il confronto tra le due immagini.
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L'originale può anche ragionevolmente essere più espressivo rispetto ad una versione "regolarizzata", trasmettendoci un maggiore senso di pietà, che plausibilmente è uno degli obiettivi principali di Giotto.
Inoltre, a quei tempi, le composizioni sproporziate erano meno in contrasto con i modi di rappresentazione spaziale regolare che divennero abituali più avanti. Una prospettiva pienamente coerente poteva, infatti, sembrare un passaggio troppo brusco, rispetto alle immagini degli immediati predecessori.
Oppure la modalità mista di Giotto riflette meglio il carattere divino della materia trattata.
Indipendentemente da come si giudicano questi suggerimenti, appare chiaro che l'argomento merita di essere esplorato, invece di ignorarlo, come è stato fatto in tutti questi anni.
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2. Orientamento dei dati relativi al contesto rappresentato.
Nella Presentazione di Maria (fig.3), la figura di Anna è orientata male rispetto alla direzione della scala che ha un angolo di 30 gradi rispetto a quello che viene chiamato il piano del quadro. Invece Anna è orientata parallelamente a questo piano. Per un corretto posizionamento, la scala avrebbe dovuto essere girata di 30 gradi, come mostrato nella trasformazione qui sotto (fig7).
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Fig.7. La scala della figura 3 è stata ruotata in maniera tale da conformarsi all'orientamento di Maria.
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Non abbiamo trasformato tutta l'immagine, regolarizzando l'orientamento in relazione alle scale, perchè non possiamo ridisegnare tutta la scena. Ma in questo caso sono abbastanza fiducioso di aver raggiunto un buon risultato che sottolinea il giusto orientamento, contribuendo a compensare il posizionamento diagonale dell'architettura. Valutando queste trasformazioni ci possiamo porre alcune domande: l'orientamento aveva anche qualcosa a che fare con l'importanza di Anna, sottolineata anche dalla sua dimensione accentuata? Oppure con il desiderio di mostrare il suo volto?
Indubbiamente l'orientamento inietta qualcosa di artificiale e innaturale nella raffigurazione. Ma questo tipo specifico di artificio artisticamente buono in sè, arricchisce il resto del contesto?
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3. Discrepanze di scala
Nelle immagini della Cappella degli Scrovegni risaltano le discrepanze di scala tra le parti inferiori delle architetture e quellie superiori, che vengono presentate quasi in miniatura. Nella fig. 3, ad esempio, il pulpito e la scala che conduce ad esso sono sproporzionatamente piccoli. Perchè?
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A sinistra (fig.8). Trasformazione dell'immagine 3 con le parti superiori dell'architettura rialzate per ridurre la discrepanza di scala. A destra (fig.9) trasformazione analoga dell'Incontro alla porta d'oro (fig.15). Confronta con gli originali.
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Non è difficile formare ipotesi ragionevoli che contribuiscano ad una spiegazione. Eccone alcune: il formato disponibile era troppo piccolo per consentire la giusta altezza delle strutture da mostrare, senza fare i protagonisti troppo piccoli per essere visti nel dettaglio dai punti di vista disponibili, oppure per rendere i protagonisti sufficientemente imponenti nella scena globale (l'architettura che incombe sull'evento sacro).
Questi pericoli possono essere limitati ampliando la struttura nella "Presentazione di Maria" e "l'incontro alla porta d'oro" (fig.8 e 9). Il primo ora assomiglia in modo interessante alla versione di Taddeo Gaddi della stessa vicenda, nella Cappella Baroncelli di Santa Croce, realizzata una ventina di anni dopo (fig. 10).
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Fig.10. A sinistra: Taddeo Gaddi (?), La Presentazione della Vergine al Tempio. Disegno al Louvre.
A destra: fig.11, rielaborazione dell'originale con la prospettiva regoralizzata. Vedi i diagrammi relativi.
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Le correzioni della prospettiva conferiscono miglior rilevanza alle immagini? In alternativa ci si può chiedere perchè è stato così importante per Giotto mostrare tutta l'intera altezza della struttura, in contrasto con le parti inferiori (6).
Giotto nell'Espulsione (fig.1) avrebbe potuto diminuire il divario di scala, ampliando il pulpito. Ma questo avrebbe giovato all'immagine ? Qui ci sono due possibilità.
La prima: allargare il pulpito mantenendo il resto dell'originale così com'è.
La seconda allargare il pulpito con le prospettive regolarizzate come nella fig.5.
In entrambi i casi ai miei occhi il pulpito è opprimente (anche se si potrebbe collegare con il tema!).
La trasformazione di per sè non mostra se questo sospetto è corretto, ma ci mette in una posizione migliore per valutarne le possibilità.
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Fig. 21. Trasformazione dell'Espulsione solo con il pulpito ingrandito. Clicca per vedere i confronti tra l'originale e le modifiche col pulpito ingrandito.
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Naturalmente, per l'esperienza visiva, c'è molto di più delle proporzioni errate rispetto a quanto è stato proposto finora.
In primo luogo vi è l'evidente collegamento tra le dimensioni e la distanza. In secondo luogo vi è la circostanza percettiva che quando ci concentriamo sulle figure le parti miniaturizzate della struttura di solito si collocano nella periferia del nostro campo visivo.
In senso inverso, concentrandoci sulle parti miniaturizzate, le figure rimangono in periferia.
Dal momento che la discrepanza di scala normalmente e necessariamente suggerisce una differenza di distanza, e poichè l'occhio ricerca sempre la coerenza anche a costo di ignorare semplici fatti, le parti miniaturizzate della struttura sono facilmente visibili, di passaggio, più lontane di quanto sia coerente con le loro connessioni con le parti in primo piano. Tali connessioni possono essere momentaneamente soppresse, così come avviene per le figure centrali fuori misura, se rimangono periferiche, quando ci si concentra sulle parti miniaturizzate.
In effetti, qualcosa della stessa astrazione visiva è normale nella fenomenologia dell'attenzione. Quando ci concentriamo sulle figure, le informazioni visive sull'architettura che sta intorno, perdono di rilevanza, anche se rientrano nella stessa regione del nostro campo visivo.
L'uso da parte dello spettatore di una diversa messa a fuoco e di un'attenzione selettiva sembra funzionare abbastanza bene fino a quando le parti distanti possono essere esaminate singolarmente, senza il coinvolgimento figurale. Ma se inseriamo una figura sul pulpito, in una di queste immagini, l'incoerenza diventa stridente, incapace di essere soppressa, com'è evidenziato nella prossima immagine (fig.14). Giotto regolarmente evita di farlo e questo fa presupporre che l'artista consapevolmente o inconsciamente contasse sull'uso da parte degli spettatori di un un'attenzione selettiva (e non globale).
In questo modo i suoi lavori guadagnano un effetto naturalistico globale per lo spettatore che adotti questo sistema di attenzione selettiva, anche impegnandosi in un esame prolungato del suo lavoro.
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Fig.14. Trasformazione dell'immagine 1 con una figura in scala adeguata inserita nel pulpito. Vedi il confronto.
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Le possibilità estetiche utilizzate da Giotto, che ci sono già familiari perchè sfruttate da Cèzanne e dai cubisti nei tempi moderni, meritano di essere esplorate ancora più a fondo nella pagina seguente.
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Note
1. John White, "Nascita e rinascita dello spazio pittorico" (1957, 1967,1987) e "Arte e Architettura in Italia 1250-1400" (1966), cap. 24. - Torna al testo
2. Alastair Smart, "Il problema Assisi e l'arte di Giotto" (1971), cap. IV. - Torna al testo
3. James H. Stubblebine, "Assisi e la nascita dell'arte volgare" (1985). - Torna al testo
4. Non nego che la letteratura contenga molti commenti illuminanti su particolari anomalie. Su una scala più ampia c'è una spiegazione impegnativa di queste problematiche nel libro di Elkins James 'Poetica della Prospettiva' (1994) secondo cui i pittori, a quel tempo, concepivano lo spazio in termini di singoli oggetti isolati piuttosto che componenti di un complesso. Trovo questa tesi in parte vera e tuttavia inadeguata perchè postula una separazione troppo radicale tra componenti inseparabili. Per produrre qualsiasi spazio pittorico le relazioni tra gli oggetti devono essere enunciate, per poi produrre necessariamente l'effetto di spazio complessivo. Lo spazio pittorico di Giotto risulta un po' strano e problematico proprio a causa delle sue incoerenze. - Torna al testo
5. White, op. cit. - Torna al testo
6. L'Annunciazione agli Scrovegni presenta una particolare discrepanza riguardo all'altezza dei fabbricati che deve necessariamente essere completa in quanto lo spazio di ciascuno è continuato dalla soprastante scena celeste. (Vedi fig.18-23 e 26 nella seconda parte.) Il conflitto di scala tra le due metà dell'Annunciazione è evidente in quanto le camere si estendono fino al tetto, come se i balconi fossero semplici decorazioni.
Qui le sovrapposizioni di scala discrepanti sono così grandi che nemmeno l'attenzione selettiva può far sembrare le parti miniaturizzate più lontane. Nei casi in cui la scena è isolata dallo spazio di quelle vicine mediante la cornice, presentare solo le parti inferiori dell'architettura (per mantenere le giuste proporzini) potrebbe ridurre la comprensibilità della scena. Questo può essere testato visualizzando le trasformazioni relative. - Torna al testo.
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Last modified: January 2018
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