Manipolazione della fotografia:
Etica o Estetica ?
del prof. Luiz Augusto Teixeira Ribeiro
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L'Autore: Luiz Augusto Teixeira Ribeiro, Professore presso l'Universidade Estadual Paulista "Julio de Mesquita Filho", Dipartimento di Comunicazione Sociale, Bauru, San Paolo, Brasile Questo saggio è stato pubblicato sulla Revista Latina de Comunicación Social. |
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E' come porsi davanti alla parte inconscia dell’uomo, per l'insicurezza vissuta nel suo rapporto con un mondo che spesso non comprende. La religiosità può avere avuto un grande coinvolgimento nell'attuale credibilità delle immagini, dal momento che per lungo tempo ha mostrato all'uomo immagini sotto forma di icone che "potevano" avere un potere miracoloso, arrivando a convincere dell’esistenza dei poteri presenti in queste raffigurazioni di santi o di altre scene della storia religiosa. Abbiamo anche osservato l'esistenza di credenze in molti popoli che attribuiscono alla fotografia funzioni mistiche, come nel caso di molti indigeni che ho avuto modo di fotografare in Brasile, i quali ritengono che l’essere fotografati è un atto pericoloso, che può indebolirli per il potere che ha la fotocamera di rubar loro l'anima.
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La fotografia prevede anche l’esposizione dell'oggetto fotografato ma, nella società di oggi, dove l'individualismo è la caratteristica principale, la gente è sempre più nascosta dietro ai paraventi del personal computer, in mondi separati da barriere, contro quei flash che una volta immortalavano le riunioni delle comunità.
Il vecchio ruolo esercitato dal fotografo nella società, come testimone della gioia o del dolore umano, si perde nel momento in cui il computer diventa discreta e silenziosa testimonianza dei dilemmi umani in questo processo di trasformazione dello spazio pubblico in privato. La fotografia non si propone come uno specchio della società, ma come sua rappresentazione, con i contrasti di immagini grigie e rosse degli orrori della carestia e della guerra, accanto alle foto a colori dei personaggi dell’elite che dominano il flusso globale dei cognomi, noti per nobiltà, soldi e potere. Sensazionalismo o gossip entrano in analisi. Così i fotografi sembrano essere i responsabili della morte di Diana o della magica trasformazione di Monica Levinsky nella musa sensuale americana. |
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La foto implica la conoscenza e l’accettazione del mondo, così come lo registra la fotocamera. Il limite della sua rivelazione della realtà è confuso per il fotografo che può sia risvegliare le coscienze oppure indurre in giudizi iniqui. Secondo Francastel: “Il mondo esterno ci offre un campo continuo e indifferenziato di fenomeni che animano permanentemente la zona della nostra retina, con impressioni, la cui principale caratteristica è la serie continua“ (Francastel, 1993, p.70) La fotografia è un conduttore di comunicazione e può essere prodotta con molti scopi. Se un fotografo vuole rappresentare un determinato personaggio, documentare lo svolgimento di certi lavori o i diversi aspetti di una città, questi dati verranno prodotti con un scopo documentaristico e rappresenteranno sempre un mezzo di informazione e conoscenza, oltre al loro valore documentale ed iconografico. Il fotografo Brassai chiarisce lucidamente questo aspetto: “La fotografia ha un doppio destino ... è la figlia del mondo apparente, del momento vissuto, e come tale manterrà sempre qualcosa del documento storico o scientifico, ma è anche la figlia della cornice, un prodotto delle belle arti, cui è richiesto di "riempire" lo spazio piacevolmente e con armonia, in bianco e nero o a colori. In questo senso, l’immagine avrà sempre un piede nel campo delle arti grafiche e non potrà mai svincolarsi da questa situazione". (Brassai, New York, The Museum of Modern Art, 1968, p.14)
La maggior parte delle fotografie sono usate come un semplice elemento di illustrazione del testo, sfigurando la funzione primaria dell'immagine, che è quello di concentrarsi sul messaggio visivo, relativamente ai fatti collegati. Questa pratica è rilevabile con l’uso indiscriminato degli archivi d'immagini, che indica lo scompenso temporale e lo sfruttamento eccessivo della parola stampata in contrasto con il suo fascino intrinseco dell'imminenza del suo messaggio. Testo e foto sono due codici utilizzati come mezzo di comunicazione. Il linguaggio del testo come una manifestazione di pensiero può essere esplicito o sottile, mantenendo tra le righe altri scopi. Con la fotografia si può ottenere la riproduzione dell’immagine visiva con mezzi ottici e chimico-fisici che possono essere credibili come neutrali o per la loro fedeltà molta elevata. Se le parole sono valide per argomentare, la fotografia può portare la capacità di valutare la veridicità delle affermazioni o configurasi come l’espressione stessa della verità. Come un quadro può trasmettere l’idea dell'artista che l’ha creato, l’immagine può comunicare la mente di un fotoreporter e la visione che ha del mondo che sta fotografando, essendo quest'immagine congiunzione visibile della realtà incorniciata dall’obiettivo della fotocamera e un riflesso di qualcosa di invisibile, che è la mente del cronista grafico. Nella sua mente interagiscono, in aggiunta al suo punto di vista dello scenario che ha scelto, la sua storia personale, cultura e credenze, che fanno parte del suo personale codice etico, che nessuna associazione professionale è in grado di soppiantare, nemmeno con una minaccia di punizione. Così si discute oggi delle immagini esibite e, in questa discussione, i fotoreporter sono valutati dal gudice più indiscreto: il verdetto dell'opinione pubblica. Nel fotogiornalismo, le immagini di dolore, morte, violazione dell’integrità umana, anche se sono inserite nel quotidiano, forniscono materiale specifico per la creazione di comunicazione immediata ed intensa con il pubblico, necessaria sia per la vendita dei giornali come per la denuncia, essenziale per coinvolgere il pubblico nella lotta contro le ingiustizie che i governi da soli non sono stati in grado di risolvere. Si tratta di una questione delicata: definire l'Etica relativa alla visualizzazione di alcuni tipi di immagini, cosí come la discussione della posizione dello spettatore nei loro confronti. L’alta dose di sensazionalismo, spesso presente nel trattamento di immagini di violenza, suggerisce anche la domanda: se la violenza reale preceda le foto o le immagini siano il mezzo che ha fatto germogliare la violenza reale. Discutere l’etica nel giornalismo, in particolare nella fotogiornalismo, è come procedere a piedi in un campo minato, è difficile definire a chi compete la responsabilità dell’immagine, tra fotoreporter, che scatta e l'editore grafico, che la pubblica. Questo comportamento etico nel fotogiornalismo è già stato ampiamente studiato e discusso. Sappiamo che l’invasione della privacy, la pubblicazione non autorizzata di foto e molti altri atteggiamenti di professionisti del fotogiornalismo sono procedimenti condannati dall'etica e dalla moralità professionale, salvo nel caso dell'interesse pubblico pubblico (e spesso non lo è). La presentazione etica si mescola con l’estetica perché c’è anche un'estetica della violenza, e la violenza sui media cessa spesso di essere vista come violenza reale, perché attraverso l’estetica perde la sua forza, funzionando a volte proprio come semplice impatto visivo di richiamo.
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Un altro problema etico di maggiore attualità e gravità è la deliberata distorsione delle immagini fotografiche con il supporto delle nuove tecnologie informaticche, com'è avvenuto per la pubblicazione delle copertine delle riviste americane Newsweek e Time in occasione dell’omicidio dell'ex moglie, e del suo ragazzo, da parte dell'atleta e attore O. J. Simpson. |
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Bibliografía -COHEN, D. MENGO, R. (1998) Tecnologías de la comunicación: El correo, la imprenta y el periodismo. Córdoba: FIDEC. |
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Last modified:
January 2018 |
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