Analisi tecnica: quello che si vede | |
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1. Registrare i dettagli del dipinto |
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2. Soggetto e Tema |
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"L'incontro" o "Bongiorno signor Courbet", 1854. Olio su tela, 129x149 cm., Museo Fabre, Montpellier, Francia
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L'incontro (subito ribattezzato Bonjour Monsieur Courbet), venne commissionato da Alfred Bruyas, un ricco collezionista di Montpellier, che aveva iniziato ad acquistare opere di Courbet nel 1853, ed è stato esposto all'Exposition Universelle del 1855. Il dipinto è associato a un soggiorno di Courbet a Montpellier durante l'estate del 1854. La composizione è allo stesso tempo narrativa e simbolica, riecheggia l'immagine popolare che mostra "i borghesi della città che parlano all'Ebreo errante", e può essere letta come l'incontro del denaro col genio. La posizione è individuata vicino alla casa di un amico, alla periferia di Montpellier; si vede Courbet che arriva a piedi (mentre monsieur Bruyas ha lasciato la carrozza, visibile sullo sfondo): un libero artista di ritorno dal mare, con i suoi attrezzi di pittura sulla schiena.
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3. Composizione (si intende l'organizzazione di oggetti e / o figure all'interno del dipinto: selezionare solo i dati più rilevanti |
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Narciso dipinto ad olio su tela di cm 112 x 92 generalmente attribuito a Caravaggio dallo storico dell'arte Roberto Longhi, sebbene un dibattito ne abbia proposto l'attribuzione a pittori quali lo Spadarino, Orazio Gentileschi, Niccolò Tornioli e altri. Fu dipinto all'incirca tra il 1597 e il 1599. E' conservato alla Galleria Nazionale d'Arte Antica a Palazzo Barberini in Roma. Il soggetto del dipinto è Narciso, ritratto mentre si specchia nell'acqua per ammirare la sua bellezza. In magistrale perfetta simmetria speculare, il giovane fissa dolcemente e intensamente la propria immagine riflessa, astratto dalla realtà circostante: anzi, la sua concentrazione è sottolineata e favorita dalla totale assenza della realtà. Soltanto l'eterea luce spiovente dall'alto che, misteriosamente, accende e illumina il protagonista, facendolo emergere dalla oscurità dello sfondo come dallo scenario di un teatro misterioso. |
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4. Spazio / profondità (come è stata creata l'illusione della profondità?) |
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"La Flagellazione" di Piero della Francesca metà del 1400 circa, tavola cm. 59x81,5, Palazzo Ducale di Urbino.
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La ricerca della luminosità è già tanto importante quanto l'espressione del volume e la costruzione dello spazio: "La Flagellazione" legata a un episodio tragico della casata dei Montefeltro, ha una struttura di ispirazione classica che attribuisce una collocazione precisa alle figure della scena principale, piuttosto defilate, così come ai tre personaggi enigmatici che compaiono in primo piano sulla destra. In questo piccolo capolavoro Piero della Francesca, rappresenta con straordinaria capacità di controllo geometrico dei volumi architettonici e degli spazi: un loggiato dove, a sinistra, è raffigurato un uomo seduto su di un trono (Pilato?), davanti al quale si svolge la flagellazione del Cristo che appare legato ad una colonna sormontata da una statua, che raffigura il Sole. Di spalle, uno dei presenti alla scena, indossa un turbante. |
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5. Colore |
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"Notte stellata sul Rodano", di Vincent van Gogh, 1888, olio su tela 72.5 x 92 cm., Museo d'Orsay, Parigi.
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6. Luce |
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"Il Geografo" olio su tela di Jan Vermeer cm 52 x 45,5, 1668 c. Städelsches Kunstinstitut und Städtische Galerie di Francoforte.
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L'opera è firmata I. Ver Meer MDCLXVIIII, la composizione spaziale delle scene è semplice, definita da pochi piani e da una luce radente molto intensa; le diverse zone di colore vengono usate con la contrapposizione di toni caldi a toni freddi; particolarissima è l'impressione ottica dei volumi, resa attraverso una pennellata a gocce di colore. | |
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7. Forma ed effetti |
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"Albero grigio", Piet Mondrian, 1912. L'Aia, Gemeentemuseum.
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La forma è sempre riconoscibile e si stacca ancora dal fondo, che nel frattempo è diventato una superficie piatta. Piet Mondrian, sosteneva che, per rappresentare la natura e la realtà, bisogna evitare la sua apparenza reale, anche perchè, siamo in un periodo dove la macchina fotografica, ha già sostituito l'occhio dell'artista, e quindi quasi tutti pittori in contrapposizione rifiutano le apparenze della realtà. Mondrian, è ispirato dalle leggi e dalle nuove regole scientifiche e matematiche, e persino filosofiche del tempo, nei suoi quadri più famosi ritroviamo anche le nuove regole artistiche, e non solo, del Neoplasticismo. Il colore è semplificato, monocromo, e mette in risalto il ritmo della linea in tutte le sue composizioni e sembianze.
Stilizza le apparenze della realtà, fino a raggiungere le forme pure. Mondrian sviluppa gradatamente tutto questo sul tema dell'albero grigio, ottenendo diverse elaborazioni (siamo tra il 1909 e il 1912). La linea, le forme, l'albero si trasformano diventando essenziali con l'eliminazione di particolari secondari dell'immagine. Comunque il significato della sua realtà, è rappresentato in combinazioni tra i colori primari, ed in linee ad angolo retto. Mondrian toglie l'individualità alla materia per esprimerne ciò che appartiene all'universo: i significati. L'immagine dell'albero è la stessa di altre composizioni analoghe, ma il colore è diventato monocromo, grigio, per evidenziare la ricerca ritmica della linea dei rami: è già cubismo. |
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8. Tecnica |
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Leonardo da Vinci, "Madonna dei Fusi", 1501, olio su tavola, 48,3 x 36,9 cm, Collezione Buccleuch. New York.
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Niente tavolozza per impastare i colori: questo è il segreto della pittura di Leonardo. Nel corso della nona edizione dell'"Ecaart, European conference on accelerators in applied research and technology", a Firenze è stata annunciata questa scoperta sulla tecnica pittorica del genio rinascimentale. |
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9. Contesto |
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"Guernica" Pablo Picasso, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia (MNCARS), Madrid.
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La storia di Guernica, celeberrima tela di Pablo Picasso è una delle parabole più affascinanti della storia dell’arte del Novecento. L’opera ha avuto un’importanza storica, artistica, culturale ma anche sociale e politica ineguagliabile, diventando fin dall’Esposizione Internazionale di Parigi, in cui fu presentata per la prima volta, un simbolo di tutte le guerre, l’immagine archetipica dell’homo hominis lupus. Fu subito evidente che il soggetto non era solo ciò che era avvenuto pochi mesi prima e che la guerra rappresentata non era solo la Guerra civile spagnola. Il respiro di questa tela era molto più ampio, non circoscrivibile a un singolo episodio. Era una rappresentazione del dolore degli inermi causato dalle barbarie della guerra, della disperazione, un monito, una profezia di ciò che avrebbe sconvolto l’Europa intera pochi anni dopo. Nel 1937, secondo anno della Guerra civile spagnola, Gernika era una delle poche città basche che ancora resisteva alla falangi franchiste. Anche se l’importanza politica e strategica della cittadina (che contava poche migliaia di abitanti) era ormai finita da tempo, essa aveva un enorme rilievo simbolico. Vi si trovava infatti l’antico Parlamento e l’albero secolare che rappresentava l’orgoglio e l’autonomia del popolo basco. Proprio per questo fu scelta come bersaglio per un atto bellico inedito per l’Europa, prodromo dei tanti disastri delle guerre a venire. Vi erano già stati nei decenni precedenti numerosi bombardamenti ad opere delle potenze coloniali in Asia e Africa. Ciò che caratterizza il bombardamento di Gernika è che ciò non era mai avvenuto in casa nostra. Come afferma Lindqvist, a Gernika eravamo stati noi stessi a morire. Nel pomeriggio del 26 aprile 1937, numerose incursioni aeree italiane e tedesche rasero al suolo la città. Un attacco contro la popolazione civile e contro un simbolo, che aveva l’evidente scopo di piegare la resistenza basca distruggendo il morale della popolazione. Le notizie cominciarono rapidamente a fare il giro del mondo. A Bilbao infatti, lontana pochi chilometri da Gernika e dal fronte, alloggiavano gli inviati dei maggiori giornali del mondo per seguire gli sviluppi della Guerra sul fronte basco. La sera stessa del 26 aprile si trovarono davanti alla macerie di Gernika. Nei giorni seguenti i principali quotidiani francesi, americani e inglesi ne parlano e pubblicano le fotografie della città devastata dal bombardamento. A Parigi la notizia si diffuse nel corso di una manifestazione per i diritti umani. Picasso viveva nella capitale francese da più di trent’anni, ma era rimasto sempre molto legato alla sua patria spagnola, in cui si era recato per l’ultima volta (e sarà l’ultima della sua vita), tre anni prima. La notizia lo raggiunse per bocca dei suoi connazionali ancora increduli davanti alle sporadiche notizie che arrivavano dalla Spagna. Nei primi giorni del 1937 Picasso aveva ricevuto l’incarico da parte del governo repubblicano spagnolo di dipingere un murale per il padiglione iberico all’Esposizione Internazionale di Parigi. Un’opera che parlasse della guerra civile e dei soprusi nazionalisti. Nei mesi successivi il pittore aveva realizzato numerosi studi e bozzetti per quest’opera, non riuscendo però a rimodularli in una composizione organica. Le fotografie di Gernika sono uno shock talmente forte per Picasso che in sole cinque settimane riuscirà a portare a termine un’opera dalle proporzioni grandiose.
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Analisi emotiva: quello che si prova | |
La seconda parte dell'analisi è l'opinione e l'interpretazione personale del dipinto. Bisogna porsi queste domande: "Cosa penso di questa opera d'arte? Sono in grado di sintonizzarmi con lei o con |
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"L'urlo", o anche "Il grido", di Edvard Munch, 1893 (titolo originale in norvegese: Skrik)
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Realizzato su cartone con olio, tempera e pastello, come altre opere di Munch è stato dipinto in più versioni; quella collocata alla Nasjonalgalleriet di Oslo ha dimensioni di 91 x 73,5 centimetri. Munch era un individuo psicologicamente fragile - sicuramente non un pazzo - che aveva sofferto molto e che aveva visto la madre e la sorella morire di tubercolosi. La sorella, in particolare, aveva avuto degli attacchi di "emottisi", ovvero degli sbocchi di sangue. Il rosso di quel sangue è il rosso del cielo di questo quadro: esso venne dipinto molti anni dopo i suddetti eventi, ciononostante essi contribuirono in parte alla sua esplosiva intensità emotiva. Munch scrisse a proposito de L'Urlo: "Una sera passeggiavo per un sentiero. Da una parte stava la città e sotto di me il fiordo. Ero stanco e malato. Mi fermai e guardai al di là del fiordo: il sole stava tramontando e le nuvole erano tinte di rosso sangue. Sentii un urlo attraverso la natura. Mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando" Tramite queste parole riusciamo ad afferrare nel modo più pieno l'origine della sconvolgente emozione che Munch provò prima di dipingere il suo quadro. Senza dubbio, alla vista della città immersa nel rosso del tramonto, egli non poté non ricordare il sangue delle emottisi della sorella, nonché la tragica morte della madre, uno degli eventi che più profondamente era rimasto inciso nella sua anima; non possiamo dimenticare, inoltre, che all'epoca di questo quadro anche Munch era malato. Rimane da sottolineare che L'Urlo diede il via a quella corrente pittorica chiamata espressionismo, la quale si contrappose all'impressionismo. Quest'ultimo, infatti, si risolveva ancora in una sorta di inno alla natura: la tela di Munch, invece, non è più proiettata verso l'esterno - verso la natura, appunto - ma si rivolge alla violenza emotiva presente nel nostro inconscio. |
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