Le rovine di Detroit
the ruins of Detroit
un inquietante libro fotografico di Yves Marchand e Romain Meffre ©
Detroit e Torino sono legate a filo doppio: sono, o sono state, capitali dell'automobile, unite da un destino e da una storia comune che continua ancora oggi, con l'unione tra Fiat e Chrysler.
Due geniali fotografi francesi hanno raccontato in un libro "The ruins of Detroit" il decadimento della "Motor City" americana.
Uno spunto di riflessione ed un monito anche per la città dei motori, sulle rive del Po.
Fino al 1960, Detroit era una delle città più importanti d'America, una metropoli industriale con una popolazione di quasi due milioni di abitanti. Nella prima metà del XX secolo i suoi edifici sono stati monumenti al suo successo e alla sua vitalità.
Ora, all'inizio del ventunesimo secolo, quei monumenti sono in rovina: sembra quasi che una bomba sia stata sganciata su quella che era definita con orgoglio "Motor city" lasciando le rovine di una civiltà, che un tempo è stata grande.
In una serie di inserti fotografici settimanali per la rivista Time intitolati "Detroit Bella, Declino orribile" i fotografi Yves Marchand e Romain Meffre hanno rivelato ad un'America incredula e stupita il decadimento di questa città.
Nati nel 1981 e nel 1987 nella periferia parigina, Yves Marchand e Romain Meffre (nella foto a destra con una delle loro opere) hanno iniziato a fotografare nel 2001.
Hanno dato vita al loro sodalizio creativo nel 2005, con il loro progetto sulle rovine di Detroit.
Il loro romanzo fotografico, pubblicato nel 2010, col titolo "Le rovine di Detroit" è uno sguardo toccante nel dolore e nella bellezza caduca di questa città e nella sua storia difficile. Queste immagini sono i segni delle ferite lasciate dalla depressione della bancarotta culturale ed economica.
"Lo stato di rovina è essenzialmente una situazione temporanea che accade ad un certo punto, risultato dei cambiamenti di un'epoca e della caduta degli imperi", scrivono Marchand e Meffre.
"La fotografia ci appariva come un modo modesto per ricordare e tramandare un po' di questa condizione effimera".
Intanto il ceto medio bianco di Detroit continua ad abbandonare il centro della città trasferendosi nelle periferie , downtown, il centro con i grattacieli è vuoto, queste immagini sorprendenti, che trasmettono sia la grandiosità imperiosa dell'architettura che il suo declino davvero scioccante, focalizzano una situazione che mette in guardia tutti noi sulla caducità delle grandi epoche.
Le rovine sono simboli visibili e monumenti delle nostre società, dei suoi mutamenti e modifiche, piccoli pezzi di storia in sospensione. Ecco alcune delle immagini pubblicate su "The ruins of Detroit":
William Livingstone House
Michigan Central Station
Woodward Avenue
Atrio del Farwell Building
David Broderick Tower, 18° piano, studio di dentista
National Bank of Detroit
Alla fine del XIX secolo, l'umanità stava per realizzare un vecchio sogno. L'idea di un mezzo veloce e autonomo stava lentamente diventando una realtà per gli ingegneri in tutto il mondo. Grazie alla sua posizione ideale sul bacino dei Grandi Laghi, Detroit era una sede ideale per le esigenze della rivoluzione industriale. Questo attirò ingegneri visionari e imprenditori coraggiosi.
Nel 1913, il costruttore di automobili Henry Ford perfeziò qui la prima grande catena di montaggio. Entro pochi anni, Detroit stava per diventare la capitale mondiale dell'automobile e la culla della moderna produzione di massa. Per la prima volta nella storia, la ricchezza sembrava alla portata della massa delle persone. Monumentali grattacieli ed edifici alla moda misero orgogliosamente in mostra la ricchezza della città. Detroit divenne il faro abbagliante del sogno americano. Migliaia di immigrati vennero per trovare un lavoro, negli anni 50 la popolazione arrivò quasi a 2 milioni di persone, facendone la quarta città degli Stati Uniti.
David Whitney Building
Strade, autostrade e parcheggi hanno rimodellato per sempre il paesaggio. All'inizio degli anni 50, gli impianti sono stati trasferiti nella periferia di Detroit. I bianchi della classe media hanno cominciato a lasciare il centro città per stabilirsi nei sobborghi.
Le grandi superstrade hanno sfilacciato il tessuto urbano. Con la deindustrializzazione è aumentata la segregazione.
Nel 1967, le tensioni sociali esplosero in uno degli scontri urbani più violenti nella storia americana. L'esodo della popolazione si accelerò e interi quartieri cominciarono a svanire.
United Artists Theater
Fort Shelby Hotel
Sala da ballo dell'American Hotel
Orologio del liceo tecnico Cass
Donovan Building
Old First Unitarian Church
Pianoforte della scuola Saint Albertus
Luben Apartments
Detroit, capitale industriale del XX secolo, ha svolto un ruolo fondamentale per dare forma al mondo moderno. La logica che ha creato la fortuna della città ha segnato anche la sua decomposizione. All'inizio del 2010 si è calcolato che, in tre anni, la città ha perso ben 150.000 posti di lavoro, anche se qualcuno propone ancora questo modello per rilanciare l'industria automobilistica italiana.
Chiesa presbiteriana di Woodward Avenue, costruita in stile gotico moderno nel 1911
Rich-Dex Apartments
Classe della scuola St Margaret Mary
Laboratorio di biologia del liceo Wilbur Wright
St Christopher House, ex biblioteca pubblica
Fisher Body 21 Plant
La disoccupazione ha svuotato la città, rendendola un aggregato immenso di spazi vuoti, edifici abbandonati, fabbriche in rovina.
Per il New York Times è "il più stupefacente esempio contemporaneo di collasso urbano" e il "calo percentuale maggiore della storia americana nelle grandi città".
Detroit oggi ha soltanto 713.776 abitanti, registrando un calo del 25% in pochi anni. Nel 2000 sfiorava il milione.
La disoccupazione ha prodotto danni peggiori dell'uragano Katrina. Basti pensare che New Orleans, dopo la catastrofe del 2005, si è svuotata "solo" del 29%. Ma il numero di persone che si sono allontanate dalla città del Michigan, 237.500, è quasi doppio delle 140.000 che hanno lasciato New Orleans.
Senza abitanti, le casse della città sono vuote: niente tasse, niente scuole, niente servizi. Come se non bastasse sono diminuiti anche i contributi federali, destinati solo alle città sopra i 750.000 abitanti. Oltre alla disoccupazione anche la popolazione nera (negli anni d'oro componeva l'83% degli abitanti della città) ha abbandonato il centro rifugiandosi nelle contee vicine in cerca di lavoro e servizi.
Il risultato è un gran numero di quartieri completamente disabitati, distese quasi completamente prive di esseri umani. Il sindaco fin dal 2010 ha lanciato un mega progetto per abbattere almeno 10.000 edifici abbandonati. Sono pericolosi per incendi, criminalità e perfino per la psiche umana.
Il New York Times ha riportato la testimonianza di Samantha Howell, 32 anni: "La città ti fa sentire vuoto. E' vuota fisicamente, vuota di persone, vuota di ambizione, di energia e di progetti".
stanza 1504, Lee Plaza Hotel
Sala da ballo del Detroit Vanity con i suoi candelieri liberty. Qui hanno suonato Duke Ellington e Tommy Dorsey.
Fabbrica di automobili Packard
Sala d'attesa della Michigan Central Station
East Methodist Church
Biblioteca pubblica dell'East side
Ufficio del distretto di polizia di Highland Park
Laboratorio di biologia della scuola George W Ferris School
Sala da ballo in stile liberty al 15° piano dell'hotel Lee Plaza, un edificio di appartamenti con servizio d'albergo
costruito nel 1929 e abbandonato agli inizi del 1990.
Michigan Theatre
Oggi, a differenza di altrove, le rovine della città non sono dettagli isolati nell'ambiente urbano. Sono diventate una componente naturale del paesaggio. Detroit presenta tutti gli edifici archetipo di una città americana in uno stato di mummificazione. I suoi splendidi monumenti in decomposizione sono, non meno che le Piramidi d'Egitto, il Colosseo di Roma, o l'Acropoli di Atene, le vestigia di un grande impero.
Fabbrica d'automobili Packard
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